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Non sono una donna con le palle.



La frase “ sei una donna con le palle” inizia un poco a stancarmi anche perché i complimenti che non sono complimenti, non mi sono mai andati a genio. Una volta una donna mi ha detto: “ Noemi, quando una frase rivolta ad una donna non ti quadra, tu trasformala come se la stessi dicendo ad un uomo. Se anche allora continua a non quadrarti, allora c’è qualcosa che non va”. Bene, “ sei un uomo con la vagina”, intendendo l’affermazione un complimento, è una frase che io non ho mai sentito.

Ho sentito “uomo alfa” però e da un pó di tempo inizio a sentire anche “donna alfa”, purtroppo.

Forte, indipendentemente, slegata affettivamente e autonoma, la “donna alfa” sembrerebbe possedere tutte le qualità che non sono proprie di quello che viene considerato un femminile tradizionale.

Sembrerebbe che tale femminile con le palle, sia un femminile sicuro di sé

che alla vita domestica preferisce la carriera, il successo e il proprio lavoro.

Ho fatto una ricerca su internet digitando “donna alfa” e sembrerebbe che questo modello di femminile sia qualcosa a cui tutte noi dovremmo ambire, una sorta di terra promessa dove rilasciano attestati di superdonna.

Non abbiamo possibilità di integrazione. Si è principesse da salvare, “sesso debole” da proteggere, libertine e volgari, angeli del focolare oppure donne forti e indipendenti.

È vero gli opposti esistono, ma solo fino a quando non vengono integrati: da “sono questo o quello” a “sono questo e anche quello”. Per fortuna.

Questo stereotipo della “donna alfa” non guarda a nessuna possibile ferita. Non prevede fragilità o sconfitta.

L’animus, il nostro maschile interno

Prevede sempre la presenza del femminile, l’anima; di forze attive ma pure recettive.

Anche nel lavoro sugli archetipi femminili, lo scopo è l’integrazione di questi aspetti e non l’esclusione delle parti.

La razionalità e l’autonomia di Atena sono trappole senza la morbidezza di Demetra o l’affettività di Persefone.

Così Persefone è alla mercé di chiunque senza l’indipendenza e il coraggio di Artemide. E infine, la passione di Afrodite sarebbe la morte senza le altre parti che ne sanciscono un confine.

Noi siamo ciò che sentiamo di essere. Possiamo essere un giorno su un aereo per Tokio e il giorno dopo sul divano, a casa, a chiedere un abbraccio.

Non ci sono canoni, ma canoni che generano stereotipi e poi stereotipi che avvelenano i sensi, questo si.

Ogni giorno nel mio lavoro curo i sensi; quello di colpa, di insufficienza, il senso di non essere abbastanza, quello di non essere parte del mondo, di smarrimento.

Sarebbe bello smetterla di aspirare ad essere ed essere, invece, ciò che ci va.


Rompere argini o cucire maglie.









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